La collezionista

La collectionneuse (1967) – Éric Rohmer / Francia

Dopo due cortometraggi il primo, vero capitolo dei racconti morali: due anni prima del suo massimo successo ‘La mia notte con Maud’ Rohmer comincia a riflettere sul suo tema favorito, l’amore, intrecciando storie, intrighi e fraintendimenti in un gioco di ruolo affascinante e intrigante, alternando come al solito le vicende con attente e funzionali riflessioni dei protagonisti stessi sulla natura dell’uomo e sui loro atteggiamenti nei confronti dell’altro sesso e del mondo circostante.

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La storia è come al solito più o meno la stessa in tutti i film dell’autore, dunque molto semplice: invitato nella residenza estiva di un amico, Adrien conosce Haydee. Lei, abituata a cambiare continuamente partner e avvezza alle tecniche di seduzione, mostra il suo interesse all’uomo, ma egli non la degna di attenzione e la evita. Quando infine, dopo un’estenuante corte, Adrien deciderà di avvicinarlesi, questa lo snobberà sfuggendogli definitivamente.

Come già accennato le storie di Rohmer non spiccano certamente per vastità di temi o enigmaticità di intreccio: la tipica struttura narrativa rohmeriana, ovvero quella del gioco di forza amoroso tra uomo e donna, serve al francese più come terreno sperimentale, per analizzare al meglio il tema da lui prediletto. Rohmer prende infatti in analisi l’uomo e la donna dal punto di vista il più possibile realistico, cambiando gli atteggiamenti dei soggetti in causa ma lasciando immutate le conseguenze e le risposte che ne vengono fuori. Vediamo dunque l’amore come fosse una forza incontrollabile e inarrestabile, legata all’instabilità dell’essere e della sua costante volubilità ma anche alla caparbietà degli stessi soggetti, che spesso ne condiziona l’esito, portando gli stessi a scegliere i partner più abili o seducenti e non quelli più adatti e simili (questo punto si vede bene nel successivo ‘Pauline alla spiaggia’). Dal suddetto racconto ad esempio notiamo che i due protagonisti, nonostante la vicendevole consapevolezza dell’attrazione reciproca, non riescono mai a godersi tale constatazione a causa della natura forte e predominante del loro carattere e alla loro caparbietà nel seguire gli istinti più erronei. E le conseguenze in tali giochi di ruolo, spesso sono le peggiori: raramente il soggetto in causa riesce a compiere le scelte che egli stesso sa essere le migliori, e nella maggior parte dei casi preferisce seguire le strade più facili, quelle che suggerisce il primo istinto. Rohmer ci dice che possiamo trovare davvero saltuariamente soggetti come il Jean-Louis di ‘La mia notte con Maud’: persone che a conti fatti scoprono di aver fatto la scelta giusta nonostante la loro perenne indecisione a riguardo. Nella maggior parte dei casi l’esito è quello di Adrien o della Marion di ‘Pauline alla spiaggia’, perché l’amore è facile a parole ma molto più complicato nella pratica, sempre secondo gli insegnamenti del regista.

Se dunque da un lato le pellicole rohmeriane non spiccano assolutamente per contenuti o per particolari rese tecniche, dall’altro notiamo una grande volontà antropologica e sperimentale del regista di volersi calare nei meandri più profondi della psicologica amorosa dell’essere umano per mostrarne le vere conseguenze e tirarne le adeguate conclusioni. Egli attua in questo ciclo morale come un archeologo, lavorando i suoi soggetti ed evolvendo le sue ideologie con l’avanzare dei film, ma sempre attraverso una logica precisa, mai mutata nei fondamenti e mai dissennata.

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Voto: ★★★/★★★★★

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