Cemetery (2019) – Carlos Casas / Francia
- Immissione: Presentata alla Viennale e passata in sordina tra i vari festival, l’opera segna al contrario il punto di svolta nella carriera del regista ispanico, che sette anni dopo ‘Avalanche’ torna a cimentarsi col lungometraggio. Svolta appurata in questo caso in termini di qualità, approccio, durata e spessore.
- Intreccio: Quattro frammenti compongono l’itinere dantesco di un elefante – ultimo rimasto della sua specie – verso un cimitero, sito legato da sempre a miti e leggende di rara grandiosità. In un mondo sull’orlo del collasso apocalittico, quello in atto è il ritorno alle origini e del vetusto pachiderma e della realtà stessa. Ogni cosa viene rapidamente inghiottita da un’oscurità opprimente, quindi rilasciata tra magnifiche, sterminate vedute.
- Tempo: Non ci è data alcuna spiegazione riguardo lo scorrere del tempo. Ore, giorni o addirittura anni trascorrono come a definire lo status allegorico di una favola che tratta di caducità, bramosia e decadenza di mondi lontani seppure nel presente. Il tempo di cui parla Casas può essere inteso come quello di una vita intera, ciclico in quanto affetto da costanti ben precise (la morte tra tutte), può altresì rifarsi ad un battito d’ali fugace e distante o può piuttosto non determinarsi affatto, non tanto poiché irrilevante quanto proprio per via della sua inconoscibilità.
- Spazio: Quella spaziale è la costante sulla quale Casas fa più di tutte riferimento, è anzi fondamentale nell’ottica del discorso antropologico da egli stesso addotto. Il paesaggio naturale è la culla della civiltà ai suoi primordi, rappresenta quanto di più puro e grezzo risieda nell’essere umano ma anche l’assenza, la perdita di raziocinio e la conseguente morale fatalista. La foresta è un luogo tetro incognito, rappresenta il cammino caotico e vorace dell’uomo che non segue né si lascia alle spalle sentieri. I toni cupi propri dell’opera non impediscono tuttavia un ritorno al locus amoenus, a quell’intima predilezione per la bellezza che offre armonia ed equilibrio non solo dal punto di vista emotivo quanto proprio dell’inquadratura.
- Forma: Stilisticamente parlando ci si avvicina all’idea di un Cinema in grado di totalizzare le esigenze avanguardiste delirando il costrutto narrativo puro e lineare e al contempo far propri approcci estremi, sinonimi del Cinema contemplativo di maestri come Rivers, Reygadas ecc. Un documentario, quindi, nella misura in cui un’apocalisse tratti della fine del genere umano, catarsi e distruzione per un nuovo inizio: ma anche avanguardia laddove si comprendano i limiti espositivi e pratici di uno script fondatamente più azzardato, cupido. In tutto ciò, il complesso lavoro sul sonoro va a rivestire un ruolo quasi centrale, imponendosi agli occhi e alle orecchie dello spettatore. Ogni luogo (e non luogo) diviene invero un tempio, dal sussurro al fragore ogni rumore viene caratterizzato e posto in primo piano subordinando azioni e parole laddove presenti (in quanto spesso mancanti). Rincorrendo l’essenzialità dello sguardo, a sopravvivere lo spettatore sono in ultimo l’oscurità e un insistente, penetrante stridio; i protagonisti, dal canto loro, soccombono, si dissolvono in quelle tenebre avvolgenti come niente fosse.
- Valore: Come a tratti deducibile da quanto detto fin’ora, si tratta di operare su concezioni di suono e di spazio del tutto nuove. L’esperimento presentato si basa sulle potenzialità del sonoro in un presente genesiaco, dominato dalle pure potenzialità della natura incontaminata. In quest’ottica, l’umanità (rappresentata da un manipolo di cacciatori senza scrupoli), al contrario protrattasi fino al termine dei giorni per via delle sue stesse devastazioni, si aggrappa disperatamente a quell’unica speranza di sopravvivenza (ovverosia l’elefante). Ecco allora che amplificare percezioni e uditive e visive acquisisce un’importanza centrale laddove a fare da vero protagonista è il silenzio. Si tenta di proporre la storia di un’apologia interpretandone i tratti naturali: buio perenne, tuoni in lontananza poi una grande luce, e di nuovo la pace.
Voto: ★★★★★/★★★★★
¡Buena reseña! Genial película.
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