Ma nuit chez Maud (1969) – Eric Rohmer / Francia
‘La mia notte con Maud’ è il primo film di Eric Rohmer che si permette il lusso di azzardare su sé stesso con la giusta dose di presunzione. Scommettendo sulla propria idea di Cinema, ER gioca a stilizzare caratteri e personalità, ne interpreta gli ideali e le aspirazioni, li figura e disegna all’interno di un determinato ambiente sociale lasciandoli volteggiare ellitticamente come pianeti intorno al loro Sole. Personaggi svuotati che si rincorrono a vicenda, degni rappresentanti del loro ceto colti nell’atto di uniformarsi ai criteri imposti loro da autorità letterarie, filosofiche, società ecc. La storia è quella di Jean-Louis, un ingegnere che si trasferisce a Clermont-Ferrand, dove conosce due donne: con la prima entra in intimità dopo una serata passata insieme, la seconda, scorta un giorno in chiesa, diventerà un intrigante oggetto di seduzione: i due si sposeranno.
All’interno di una trama come questa, il regista riesce a creare un’opera straordinariamente ricca e riflessiva. Il film ha dunque un’ossatura, costituita dai dialoghi; ma pur avendo essi un notevole peso nel film, anzi fondamentale, non ne definiscono l’essenza, che risulta ad uno sguardo più attento la fitta rete geometrica con la quale si intersecano le vicende dei personaggi; dal protagonista, Jean-Louis, uomo di ideali fermo eppur incredibilmente incerto nelle proprie scelte e convinzioni. Maud, donna indecisa e sfortunata, dal carattere solare e dai gusti difficili e Francoise, donna in apparenza molto semplice ma altresì enigmatica; incarna la voglia di cambiare di Jean-Louis, l’oggetto che non ha, la novità. Ma è soprattutto attraverso le lunghe scene dialogate che l’autore ci mostra il suo pensiero: celebri a questo senso la lunga discussione su Pascal e la sua teoria della scommessa e l’insistente idea di Maud e dell’amico Vidal di convertire il protagonista dalla sua incrollabile fede cristiana. Insiste infatti più volte Rohmer sul tema della fede, ma sempre con tatto e finezza e sempre come lente/ pretesto di analisi dell’uomo e del proprio pensiero.
La passione del regista per l’amore in quanto filo conduttore della vita e il suo interesse quasi maniacale verso lo stesso lo portano qui a spostare ad un grado di intimità e di consapevolezza davvero unici il tema trattato. I personaggi rohmeriani ruotano intorno ai propri partner desiderati con un’incertezza di fondo e con un sapiente realismo tale da creare un fitto gioco di sentimenti che è il vero punto forte delle sue pellicole. In definitiva egli si dimostra un talento, non tanto per la tecnica o l’abilità registica quanto per una raffinatezza interpretativa e calcolatrice davvero personalissima e sbalorditiva. E se in svariate opere, giovanili come ‘La collezionista’ o ‘Il ginocchio di Claire’ o tarde come ‘Incontri a Parigi’ e ‘Gli amori di Astrea e Celadon’, l’approfondimento della tematica amorosa è decisamente più gaio e leggero, caratterizzato da una spensieratezza e una semplicità solo apparentemente banali, qui Rohmer riesce a trasformare tale tema in un sontuoso esercizio di stile che riflette con più durezza e serietà, una summa del proprio pensiero mai più eguagliata. Da ricordare il prezioso e stupendo bianco e nero che, usato qui e in pochissime altre pellicole dal regista francese, dona all’opera tinte sbiadite, teneramente intellettuali.
Da notare inoltre, il tema della coppia, che rimanda quasi a quello trattato da Goethe nel suo ‘Le affinità elettive’, il caso e il destino quindi e il loro ruolo all’interno della vita. Un film dunque intenso e profondamente riflessivo, forse elitario e borghese ma sempre brillante e modesto, una commedia sul ruolo dell’individuo all’interno del proprio ambiente, sulle proprie convinzioni e sui risultati delle stesse. Rimane un salto di qualità innegabile, un manifesto ideologico seducente e studiato, un’intrigante provocazione sessuale, ideologica, sociale e politica che gioca con le dinamiche interpersonali con una finezza straordinaria.
Voto: ★★★/★★★★★