Jules et Jim (1962) – François Truffaut / Francia
Tre anni dopo il suo personalissimo ‘I quattrocento colpi’, Truffaut dirige una storia d’amore e d’irrequietezza esistenziale. È la storia di tre ragazzi della Parigi durante il primo conflitto mondiale (ante e post): Jules, Jim e Catherine. Attraverso allontanamenti, matrimoni, pazzie di gruppo e scambi di coppia, i tre saliranno su un treno che li porterà verso l’irrimediabile disfatta.
Se per Godard il Cinema era, almeno nel suo primo periodo cinematografico, la dissoluzione morale dell’uomo legata al decadimento della società (‘Questa è la mia vita’), per Rohmer una ricerca di estetismo multiforme che andasse a sviscerare attraverso il concetto di amore i profondi cambiamenti del mondo (‘La mia notte con Maud’), per Truffaut si tratta di un lavoro ben meno rintracciabile a livello stilistico. Riallacciandosi in parte a Godard, egli si costruisce una filmografia a suo modo singolare che, variando molto in tematiche e contesti, punta più ad un cinema politicamente corretto e decisamente più appetibile, meno impegnato di quello dei suoi colleghi e innovativo, se vogliamo, unicamente in quella ricerca meta-cinematografica che lo porterà a realizzare film come ‘Effetto notte’.
La pellicola in questione si può ritenere una delle sue migliori invenzioni, in quanto simbolo di una gioventù in crisi e di una società che ricerca la propria individualità e tenta di darsi un senso tramite la scorrettezza e la follia. È infatti quella condizione di perenne indecisione, di folle dubbio amletico tra il giusto e lo sbagliato, di uno stato d’animo generazionale che ha forgiato un secolo di insanità, è tutto questo che conduce i tre a un triangolo amoroso basato su continui scambi e ritorni, separazioni e riavvicinamenti. Perché – come lo stesso Truffaut disse – la ragione di tutto ciò era la conferma della coppia come unica possibilità di convivenza reciproca, come tradizionale e inequivocabile sistema di vita amorosa. Ed è proprio l’amore, come previamente accennato, il fulcro dell’opera. Esso perde di ogni schematizzazione o definizione macchiettistica, rivelandosi in definitiva dissacrato e scevro di quel peso sociale: viene visto più come uno stimolo naturale che l’uomo deve sentirsi libero di apprezzare, fruire o rifiutare, senza costrizioni o imposizioni esterne.
Di notevole interesse è anche la decisione di estraniare drasticamente il fattore socio-politico della storia, il suo contesto, dalle vicissitudini narrative. Ogni dettaglio riferente alla guerra viene messo in ombra, cancellato del tutto fino a ridursi un piccolo particolare di sfondo. Le brutalità dei nazisti nella Parigi dei protagonisti sono scansate e del tutto ignorate. Il film si impone pertanto come parabola sul singolo e sulla coppia, discorso profondamente interiore che schiva il background contestuale per rimanere sospeso sopra il mondo, con gli occhi di chi non vuole guardare.
Voto: ★★★/★★★★★