‘Rameau’s Nephew’ by Diderot (Thanx to Dennis Young) by Wilma Schoen

‘Rameau’s Nephew’ by Diderot (Thanx to Dennis Young) by Wilma Schoen (1974) – Michael Snow / Canada

Primi anni settanta. Dopo essere tornato da Toronto, Michael Snow decise di darsi completamente alla realizzazione di un progetto probabilmente tra i più onerosi e al contempo grandiosi mai intentati, un’opera che non per nulla costò tre anni di lavorazione indefessa. Ciò che rimane scevro da ogni dubbio è che, al di là di ogni parere, ‘‘Rameau’s Nephew’ by Diderot (Thanx to Dennis Young) by Wilma Schoen’ è Cinema strutturale definitivo, dal valore enciclopedico e avanguardista inestimabile. Perché di enciclopedia si tratta, di una sorta di filosofico, astruso, satirico delirio scientifico volto alla comprensione ed allo studio analitico/empirico dei significati e delle implicazioni del suono in ogni sua forma e correlazione visiva (il rimando al padre fondatore dell’enciclopedia Denis Diderot non è casuale). Quello che tenta di dimostrare Snow è che, alterando i termini di un rapporto e più in specifico di un apparato sensoriale come quello uditivo, usualmente legato alla percezione soggettiva e immediata, si può ricostruire una sorta di genesi e dunque di vivisezione dell’apparato stesso: in questo senso i venticinque quadri che compongono le quattro ore abbondanti del film possono essere visti come rappresentazioni estemporanee ed indipendenti di carattere puramente sperimentale propri di un discorso teorico che tale rimane, proiettandosi nella pratica in maniera scioccante ed imprevedibile ma innegabilmente frutto correttamente espresso di un discorso essenziale.

Destrutturando una componente basilare, ciò che per gran parte caratterizza e finalizza la comprensione del mondo esterno e di quanto ci circonda, l’immagine appunto, legando ogni minima particella costitutiva dello stesso, in questo caso ogni minima percezione, idea, branca o espressione manifestata/manifestabile, si ottiene inoltre un risultato apparentemente indecifrabile, totalmente enigmatico. Giocando con la fisica dei corpi, con la materia degli stessi (‘Corpus Callosum’ amplierà ulteriormente e chiuderà tale esposizione), giungiamo infine a conclusioni inaspettate. Così come un suono può mutare ogni sua caratteristica, un corpo può apparire e scomparire, un semplice fischio alterare le proprie condizioni in modo e maniera da risultare del tutto anomalo, così un letto, una figura possono scomparire, un volto può sdoppiarsi.

L’ironia gioca senza dubbio il suo ruolo, questa è una costante nelle opere di Snow, ma ciò che più incuriosisce e getta scalpore sull’operato del cineasta canadese è quanto l’abbinamento tra farsa e serietà, studio, calcolo ed improvvisazione, sia perfettamente definito e in definitiva armonioso, congeniale. Vari sono gli esperimenti intentati (monologo incessante in lingua inglese alterata chiamata bartonish, nome derivato dal soggetto parlante tale Dennis Burton; sync, ovvero incessante battere le mani sui bordi di un lavabo ora pieno ora vuoto; dialoghi di gruppo a sfondo ora filosofico ora teorico riguardo alla natura del suono, dell’immagine e del possibile nesso tra le due; esperimenti vari di dizione); ciò che li accomuna è però, oltre al movente, la ricerca. Ricerca di un criterio, ricerca di un denominatore comune, di un qualcosa che detti una metodologia ricavando nuovi scenari sull’uso, la natura e l’influenza del sonoro nella consuetudine umana, nella realtà oggettivata dallo stesso.

Possiamo parlare di anti-sillogismo se intendiamo l’opera in questione come un imperterrito anelare ad una coerenza all’interno di uno schema illogico, estremo o quantomeno innaturale, artificiale. Possiamo allora, con questi presupposti, addentrarci in campi ben più specifici, parlando di semantica, semiotica, comunicazione, psicologia e così dicendo. La prima di queste in particolare introduce quello che probabilmente è il fulcro del discorso portato avanti dall’autore, ovvero quello intorno alla struttura ed al successivo sviluppo del linguaggio, in breve, al significato delle parole. Si intende stravolgere o alterare la struttura stessa del linguaggio, verbale e non, attraverso procedimenti di natura prettamente sperimentale dove a predominare non è il significato in causa ma bensì la metodologia messa in atto. Qui luci, posture, atteggiamenti giocano una parte essenziale; i meccanismi che stanno alla base dei “test”, ripetizioni, stravolgimenti di senso, alterazioni visive, sottolineano con sottile, pervadente intelligenza un legame inscindibile tra l’opera documentaristica in quanto tale, dunque contenitore di verità, e il discorso saggistico che rivela.

L’indipendenza tra etica ed estetica provata da Diderot nell’opera che conferisce nome al film viene ripresa da Snow e sofisticata attraverso un sistematismo che smantella brutalmente ogni forma di morale (come dimostra l’inserimento fuori contesto di un coito ripreso in forma esplicita), e che al contempo cerca con insistenza di evadere dall’ambiente circostante, negandogli quell’armonia che l’estetica di Rameau al contrario tanto affermava. Scevra da ogni filologia, l’operazione qui praticata sottrae il formalismo all’opera alimentandosi di tale sottrazione, deridendo lo schematismo come convenzione, l’immagine come rappresentazione e il suono come narrazione. Permane la percezione, l’esperienza sensibile come forma di coscienza dei fenomeni esterni.

Voto: ★★★★★/★★★★★

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