Volti

Faces (1968) – John Cassavetes / USA

Quello di John Cassavetes è un Cinema fatto di sguardi, di profondi, repentini cambi di prospettiva, impossibile perciò da inquadrare. Ma soprattutto è un Cinema questo che scava nel profondo dell’uomo sviscerandone il suo lato più infantile, al contempo reale ma inaccettabile, le sue paure, i suoi timori, e il tutto in un incontro/scontro talmente ravvicinato da risultare sfacciatamente presuntuoso. Cassavetes riscopre qui la forza dell’immagine, l’arcano, semplice coraggio di stupire e folgorare mostrando quella facile quotidianità che senza filtri figura tutt’altro che tale. Un confronto traumatico perciò, obbligatoriamente traumatico e immancabilmente fedele nei confronti della realtà.

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Attraverso ordinari interni di appartamentini newyorkesi, penetriamo nelle confuse, quotidiane vite di diversi personaggi, tra i quali una coppia in evidente rotta. Lui trascorre il tempo con una prostituta, lei con semi-sconosciuti incontrati in locali notturni. Si rincontrano al termine della serata tra imbarazzo, mal-riprodotta gelosia, ma soprattutto con la reciproca consapevolezza della fine del loro rapporto.

Quello di ‘Volti’ è un processo di assimilazione davvero complesso: bruscamente, quasi morbosamente, osserviamo a stretto contatto l’ordinarietà di vicende perfettamente normali eppur rese affascinanti. L’immedesimazione è repentina, il coinvolgimento lo è altrettanto. Da innegabile padre di una modalità di fare Cinema assolutamente indipendente, come vero e proprio pioniere di uno stile compromesso, assillante, macchina da presa mobile e primi piani quasi esclusivi, Cassavetes rientra sicuramente in quella categoria di registi la quale audacia direttiva non si limita unicamente a riformulare il linguaggio cinematografico, ma a costruire vicende che vanno a scavare alla ricerca di una veridicità del reale appositamente ravvicinata e dunque spiazzante. Quella trattata è una crisi matrimoniale, tipico topos dell’autore (‘Una moglie’ primo esempio su tutti), dove a fare da protagonisti, al di là dei drammi presentati, sono solo e solamente i tanto preannunciati volti: loro recitano, loro comunicano, loro del resto vengono ripresi per tutta la durata dell’opera. E solo attraverso questi ultimi ci addentriamo nei meandri più profondi e consci della psiche individuale e solo in un secondo momento sociale, della storia.

Litigi, amoreggiamenti, rapporti in evidente rotta e rapporti in fragile equilibrio emotivo, nuove, vecchie, stanche conoscenze. Tutto ciò che rappresenta la tipica mondanità dell’americano medio anni sessanta si riscontra in un’opera che tramanda la forza di un Cinema passionale e tra i più fedelmente comunicativi di sempre. La vicenda in sé per sé è prescindibile, seppur in tutta la sua intricata composizione avvalori non poco l’opera e il suo significato. Le anime si intrecciano come tasselli preordinati e prevedibili di una società scabrosamente conosciuta, che si muove sotto quei dettami borghesi che tanto più si notano quanto di fatto vogliono essere colpiti dall’occhio critico dell’autore. Ogni elemento è al suo posto, ogni inquadratura è perfetta per ciò che vuole significare, niente è inopportuno: osservando i piccoli drammi da salotto, i litigi, le baldorie, si ha l’impressione subitanea di una falsità incredibilmente palese, di uno stile di vita aggrappato a degli stilemi, e non a dei principi morali.

Un’impressione quindi di forzata schiavitù quella che immane le figure dei personaggi. Attraverso una sceneggiatura spontanea e una regia obbligatoria per le circostanze, perfettamente calibrate e messa in pratica, Cassavetes, più che un film, scrive e dirige una realtà mai così sotto gli occhi del pubblico come in questo caso: una realtà che trasuda spirito di grandissimo cineasta, impegnato e intelligente, e che rivendica una faccia del Cinema, un suo dettame, che tanto viene dimenticato, specialmente in quel periodo. E lo fa come sempre con pochissimi fondi, con una direzione semplice ma efficacissima, ma soprattutto con i suoi compagni della vita reale, ovvero i soliti Rowlands e Cassel (ai quali vanno aggiunti in un secondo tempo Falk e Gazzara), aspetto apparentemente insignificante ma chiave per comprendere il vero spirito di un o dei più grandi autori americani.

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Voto: ★★★/★★★★★

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