Peace to Us in Our Dreams

Peace to Us in Our Dreams (2015) – Sharunas Bartas / Lituania

Il film che deve ancora essere presentato alla Quinzaine des réalisateurs del sessantottesimo Festival di Cannes è considerabile quasi come un compendio stilistico di quello che a tutt’oggi è annoverabile tra gli approcci stilistici più interessanti e ammirabili del contemporaneo. In ‘Peace to Us in Our Dreams’ si può dire sussista una vera e propria narrazione, per quanto dipanata tra sequenze di muta contemplazione del luogo, tipicamente bartassiane.

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Il racconto tratta di un uomo (Sharunas Bartas stesso) che, giunto nella sua dimora campagnola assieme alla figlia e ad una compagna, vi si appresta a trascorrere il week-end. Il nucleo dei tre sembra risentire di mancato sostegno emotivo e i rapporti interpersonali si avviano pian piano allo sgretolamento: la relazione amorosa tra l’uomo e la sua compagna scoprirà ben presto la sua instabilità e la figlia subirà enormemente sia la fragilità del loro rapporto sia la conseguente mancanza di attenzioni, finendo per rifugiarsi in un ragazzo dalla natura apparentemente problematica.

È un film sui rapporti interfamiliari, sulla difficoltà di rifarsi una vita, di essere padri e di essere figli. Bartas disegna il tutto con un tocco di intimità esemplare, riesce a ricreare alla perfezione i turbamenti interni al microcosmo domestico e allo stesso emblematizzarne la realtà. Si concretizzano le difficoltà di una famiglia e spiega l’impossibilità di fuggire da talune problematiche (il tentativo di trovare quiete nella casa di campagna ne dà prova concreta).

Il linguaggio espressivo tutto suo, che vede nelle infinità dei luoghi e degli spazi un mezzo di fruizione esclusivo, si dimostra anche qui perfettamente adatto al contesto. La regia lenta e saggia nell’alternare le sequenze più narrative a quelle più formali riconferma l’abilità di Bartas anche sotto questo punto di vista. Nel film, infatti, è interessante notare come viene gestito lo sviluppo narrativo: poche scene – essenzialmente composte di primi piani – che nonostante la limitatezza temporale risultano sufficienti a delineare il contesto.

Ritornano i temi dell’alienazione e del disagio esistenziale (quest’ultimo causa del primo), presentati similmente a come avveniva in ‘Lontano da Dio e dagli uomini’, anche qui tramite un personaggio femminile (la  figlia). Due figure dunque molto simili, sebbene qui quella della figlia assuma risvolti completamente differenti e inaspettati, finendo per rifugiarsi nella conoscenza di un ragazzo ancora più insicuro e fragile di se stessa. Se per certi versi, dunque, PTUIOD riecheggia il primo periodo dell’autore, per altri, purtroppo, segna un proseguo della strada intrapresa negli ultimi anni stabilendosi come in un limbo che guarda ad entrambi gli approcci, così distanti l’uno dall’altro sotto ogni punto di vista, il che potrebbe far pensare ad una stratificazione più valida in quanto doppia, ma, a conti fatti, si rivela vacillante e disorganico: molto meno convincente delle aspettative.

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Voto: ★★★/★★★★★

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3 risposte a Peace to Us in Our Dreams

  1. Frank ViSo ha detto:

    Ottimo colpo questo, Bartas incuriosisce sempre! Devo però dire che “Eastern Drift” non l’ho apprezzato per niente (e pure “Seven Invisible Man” mi ha lasciato dubbi), troppo distante e diverso dall’ipnotismo dei primi lavori. Questo, da come scrivete, pur seguendo lo stile intrapreso di recente, sembra comunque risollevarsi, speriamo…

    P.S. Certo che per l’attrice, Bartas è andato a scegliersi proprio la copia della povera Katerina Golubeva, almeno a osservare dalla locandina.

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    • paxy ha detto:

      Ho pensato la stessa cosa sull’attrice! In ogni caso, se non ti sono piaciuti gli ultimi lavori questo te lo sconsiglio, è troppo lontano dal Bartas di ‘Koridorius’…

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  2. Manuele ha detto:

    Ina Marija Bartaité è la figlia di Bartas, la violinista è l’attuale dama del nostro.

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