Few of Us (1996) – Sharunas Bartas / Lituania
In un presente fortemente distopico, probabilmente post-apocalittico, un angolo remoto del mondo è circondato da rovina e devastazione; il paesaggio è desertico e il clima ostile ai pochi abitanti presenti, che sembrano infatti in perenne scontro con la natura. Tutto procede come solito fino all’arrivo di una giovane donna, una presenza in apparenza ultraterrena, che, proprio per questo, non può trovare armonia con la realtà del posto.
‘Lontano da Dio e dagli uomini’ si colloca sin da subito in un limbo di indefinibilità, forte di un intento suggestivo fuori dal comune. Non esiste compromesso quindi, il film rinuncia ad inclusioni in strutture che ne stabilirebbero la sommarietà e predilige l’aspetto essenziale della messa in scena, l’oggetto al soggetto, la stasi al moto. L’immagine acquista carattere temporale e si pone in costante ricerca di un assoluto, di una forma di indipendenza senza riserve.
Bartas costruisce una dimensione fuori dall’ordinario, una realtà che sfrutta la propria base surreale per riflettere sul mondo. Nell’assenza di un vero e proprio fil rouge narrativo, né una logica razionale di base, il film può essere sottoposto a diverse interpretazioni di varia natura. Il mondo nel quale veniamo proiettati è un mondo di desolazione, non esiste niente al di fuori della distruzione, del nulla, nemmeno l’uomo pare essere stato risparmiato da questa (probabile) fine del mondo, persiste nient’altro che la natura, unica reale protagonista del film. Ed è proprio di fronte a questa che si ritrova persa la ragazza, poiché quella di ‘Lontano da Dio e dagli uomini’ è una natura devastata e devastante, devastante in quanto onnicomprensiva, annichilente. Ma altresì un’estremizzazione che si spiega sul piano spirituale, relaziona il contatto con le cose a quello con il divino, in questo senso si può vedere il film nel suo complesso come una profonda preghiera: un atto d’amore incondizionato.
Voto: ★★★★/★★★★★
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