8½ (1963) – Federico Fellini / Italia

Conosciuto ed apprezzato in tutto il mondo come uno dei gioielli del grande cinema europeo nonchè fiore all’occhiello del glorificato maestro Fellini, ‘8½’ è un atto d’amore che quest’ultimo dedica alla settima arte ma anche una confessione che svela il mestiere del regista, le ansie e le paure, gli scogli e le aspettative proibite di chi si trova dietro la macchina da presa. Con grande coraggio però, l’autore riminese continua a costruirsi uno stile sempre più personale, reinventando uno stile che fa dell’esperimento surrealista un sipario amaro, un incubo ad occhi aperti che, anche nell’ironia, pone importanti quesiti. Il film in causa si muove spesso in questo senso saltando tra comico e drammatico con leggerezza e arguzia.

8½1

Mostrando le vicende di un regista cinematografico in piene crisi personale e lavorativa, Fellini mette in scena un unico grande spettacolo surreale dove, attraverso la mente del protagonista (Guido) – e come se si assistesse ad un grande spettacolo circense – viene mostrata una realtà/immaginazione. Da ciò ne scaturisce un’imponente, maestosa visione, un susseguirsi di allucinazioni tra nostalgia e spensieratezza trasportati da un solenne turbinio d’aria.

Se nella prima fase della sua carriera l’autore italiano si era mosso sulla scia dell’imperante neorealismo costruendo successi dal riso amaro, classici ritratti sociali e umani di indubbio spessore come ‘I vitelloni’, ‘La strada’ o ‘Le notti di Cabiria’, e con ‘La dolce vita’ già prendeva le distanze dal suddetto orientamento per avvicinarsi all’onirismo decadente che in seguito svilupperà con sempre più maturità e audacia, qui egli muove un importante passo verso la realizzazione artistica e lo sviluppo del Fellini artista.

Qui infatti FF mette in secondo piano l’impegno sociale manifestato più o meno sapientemente fino a quel momento per concedersi una riflessione personale. Egli rivisita intelligentemente le proprie esperienze passate, mischiando in ugual quantità malinconia e brio ma si sofferma anche sulla concezione di artista e le sue scelte personali, sui veri valori della vita e sulla reale essenza dell’uomo artista in sé per sé, colui che crea un mondo e che, come vedremo nel brillante finale, è a sua volta investito da esso. Distaccandosi ulteriormente dal passato modello direttivo, l’autore si distacca egli stesso dall’opera defilandosi attraverso l’alter ego rappresentato da Marcello Mastroianni. Spesso infatti osserva lo svolgersi degli eventi, riflette o agisce passivamente, come davvero fosse la maschera di Fellini. Un ironico, baldanzoso saggio di vita che diverte e fa riflettere, un cult nostrano che contribuì alla fama di quello che è tutt’oggi considerato uno dei maggiori artisti del novecento.

8½2

Voto: ★★★/★★★★★

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