I Dannati di Jiabiangou

Jiabiangou (2010) – Wang Bing / Hong Kong

Ambientato nella Cina degli anni 50′ il film mostra le condizioni disumane alle quali vengono sottoposti un gruppo di prigionieri politici e non solo, in un campo di lavoro comunista situato nel Deserto del Gobi; le cause dell’imprigionamento verranno presto scoperte e in molti casi si scoprirà non esserci mai stato alcun motivo concreto. Seguiranno una serie di eventi volti a mostrare le atrocità che i detenuti sono costretti a subire. In un contesto disumano che nonostante tutto ricerca imparzialità nella resa, notiamo le imprese di una donna alla ricerca del cadavere del proprio marito.

Ciò che rende straordinario il film, ciò che fa del cinema di Wang Bing una rarità all’interno del panorama documentaristico è proprio l’abilità con la quale l’autore riesce a perpetuare una determinata realtà filmandola per intero. L’intento di Wang Bing è volto dunque a dare voce agli emarginati, ai disadattati, ai derelitti, a tutti coloro che vengono schiacciati dalla società e dai suoi schemi. Ed è forse proprio per questo che le sue opere, questa in particolare, non risentono della pesantezza del soggetto: quello di Wang Bing è sì un cinema pesante, ma mai più di quanto dovrebbe esserlo, grazie a questo le sue opere riescono sempre ad intrattenere e coinvolgere durante tutto il proprio corso. Tutto ciò è supportato dalle scelte registiche delle quali Wang Bing si conferma il principale esponente; la regia infatti è lucida, attenta a non dare mai troppo spazio ad una situazione piuttosto che ad un’altra, l’uso efficace dei piani-sequenza inoltre contribuisce enormemente a descrivere la realtà dell’opera, il fattore temporale scivola in secondo piano permettendo una resa più onesta e dettagliata del contesto.

Non è un caso, a tal proposito, che il luogo principale di ripresa degli eventi, la fossa dove dormono i prigionieri, sia avvolta da un velo fortemente claustrofobico e devastante dal punto di vista emotivo, divenendo, da subito, simbolo di morte e dolore, e accompagnando i personaggi nel loro cammino verso la annientamento fisico e morale, percorso durante il quale qualsiasi sforzo è vano, e il progressivo deperimento del corpo non può che condurli alla loro inevitabile sorte.

Molto interessante l’inserimento di un contesto storico tanto particolare per denunciare una condizione di vita passata che, tuttavia, tutt’ora risulta attuale. Qui, Wang Bing non si limita a denunciare le condizioni di vita dei prigionieri sotto il regime assolutista di Mao Tse-Tung, ma vuole più che altro far riflettere su cosa siano veramente la miseria, la fame e la disperazione, senza porsi alcuno scrupolo, e mettendo perciò in primo piano le vicissitudini dei prigionieri più che i prigionieri stessi. La vera forza dell’autore dunque è quella di riuscire nell’epica impresa di riportare alla luce i fantasmi del passato nell’unico modo possibile, ovvero quello di porsi al di fuori della vicenda e lasciare che gli episodi, i personaggi e le immagini stesse parlino da sole; il realismo impeccabile sul quale il film intero si basa rende pertanto la storia concreta e palpabile, ritraendo una situazione, come accennato, rispecchiabile tutt’oggi nella società, e dipingendo il Potere per quello che è ossia un’entità assurda e incontrollabile, estranea ad ogni forma di morale e umanità. Un film superlativo, volutamente sgradevole e provocatorio, che trova la propria efficacia in uno stile freddo e impeccabile e in una resa impietosa, intrisa di realismo (molto vicino in questo senso ad opere come il precedente ‘Feng ai’), e tutto ciò in quello che è un film di finzione.

Voto: ★★★★/★★★★★

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2 risposte a I Dannati di Jiabiangou

  1. Pietro Le Gars ha detto:

    Ciao, ho visto il film proprio ieri e volevo farvi i complimenti per l’ ottima recensione con la quale concordo su numerosi punti, in particolar modo questo “…l’autore riesce splendidamente a riportare sul cinema la realtà, e non viceversa”.
    Personalmente, seppur reputi “Jiabiangou” una splendida pellicola, trovo maggiori ”Wu ming zhe”, “San Zimei” e “Feng Ai” (quest’ ultimo, a parer mio, un vero e proprio Capolavoro Assoluto), puramente documentaristici. Certo, devo ammettere che la visione di ”The Ditch” è stata semplicemente unica, quasi straniante nel suo essere sospesa tra il docu e la fiction.
    Voi di Bing avete visto tutta la filmografia? I prossimi che vorrei recuperare sono gli imponenti ”Crude Oil” e ”Tiexi qu”…certo le durate non aiutano:(

    Ultimamente ho visto anche ”Ascension”, il mio primo incontro con Hussain.
    Per me, come per voi, è un capolavoro. Ora recupererò senz’altro ”La Belle Bête”. Su ”Subconcious Cruelty” invece ho i miei dubbi, i pregiudizi (negativi) su quell’ opera hanno sempre avuto la meglio su di me. Certo, se riuscite a convincermi…;)

    Ciao!

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    • paxy ha detto:

      Ciao Pietro, grazie dei complimenti! 😉 Dei suoi lavori ce ne mancano ancora diversi da recuperare ma è solo questione di tempo.
      Ci fa molto piacere che tu abbia apprezzato ‘Ascension’, Hussain, nonostante abbia girato solo tre lungometraggi, è riuscito sempre a lasciare un segno indelebile. Il suo ultimo infatti, ‘La belle bete’, è grandioso, fai bene a recuperarlo subito, per quanto invece riguarda ‘Subconcious Cruelty’, è difficile dirti se sia consigliato o meno, ti posso dire che è un’esperienza unica e molto forte, quasi traumatizzante.

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