Monografie #3 – Aleksandr Sokurov / Parte 1

sokurov

Aleksandr Sokurov (Podorvicha, 1951), regista e sceneggiatore russo tra i più influenti degli ultimi trent’anni. Laureato alla prestigiosa università statale pan-russa VGIK nel 1979, Sokurov ha riscontrato nel suo primo periodo di attività, notevoli impedimenti nella produzione e distribuzione delle sue opere causa tensioni politiche col regime Sovietico, ma l’appoggio e l’influenza dell’oramai riconosciuto Andrej Tarkovskij gli ha permesso poco a poco di immettersi nel panorama artistico e russo e mondiale. Grandemente apprezzato da pubblico e critica, le sue opere vantano alcuni tra i più prestigiosi riconoscimenti cinematografici tra cui il Leone d’Oro a Venezia per ‘Faust’ e il Pardo d’Onore a Locarno.

Nota: Per ragioni di rilevanza, e soprattutto per praticità, non sono considerati i cortometraggi (ad esclusione delle elegie) e i lavori realizzati per la TV.


Sonata per Viola (1981) – /

semyon-aranovich-aleksandr-sokurov-altovaya-sonata-dmitriy-shostakovich-avi_002537640

Tra i tanti omaggi alle varie discipline artistiche – dalla pittura alla letteratura, passando per fotografia, teatro, ecc… – quello riservato alla musica può considerarsi un ossequio speciale, una lode ancora più sentita, se possibile, quantomeno la più frequente all’interno della filmografia dell’autore. ‘Sonata per viola’ segna il debutto al lungometraggio nella sua carriera, un tributo al compositore russo Dmitriy Shostakovich diretto in co-regia, eppure presenta tutte le caratteristiche che unicizzano il documentario sokuroviano. Fotografie, filmati d’archivio e una voce fuori campo che accompagna le immagini, il tutto permeato da un lirismo quasi religioso (per quanto a tratti monotono) che esalta il soggetto quasi a farne un idolo, materia di culto.

Elegia (1986) – /

vlcsnap-2017-03-11-16h35m38s735

Cinque anni più in là, verrà prodotta la prima delle dieci elegie, una sorta di preambolo ideologico alla più tarda ‘Elegia di San Pietroburgo’. Chiaramente assistiamo ad un’opera acerba, che lascia solamente barlumi di quella che poi sarà la poetica più matura dell’autore. Qui viene introdotta la figura di Fëdor Ivanovič Šaljapin, ma nel farlo vi è però una sorta di connessione tra immagini e tematica centrale che disorienta, forte di una logica volutamente confusionaria. Tra immagini di repertorio e filmati delle tre figlie del protagonista infatti la vicenda dell’espatrio e del trasferimento del corpo dell’uomo non si presenta chiaramente. Si avverte altresì la forte empatia di AS per la triste sorte subita da Saljapin, un tributo probabilmente necessario e sentito, estremamente personale.

Dolorosa indifferenza (1987) – /

t8lysp

Il primo lungometraggio di finzione appare molto poco rappresentativo di quelli a venire, nonché decisamente flaccido e dispersivo. Interessante il lato estetico, qui curatissimo, a livello narrativo però dimostra di non saper gestire ottimamente il susseguirsi degli eventi (la derivazione teatrale dell’opera non aiuta, anzi, grava parecchio sull’insieme). Tuttavia, si nota già una particolare attenzione all’individuo in relazione al contesto bellico: le ripercussioni psicologiche, le influenze sul modo di pensare, di vivere dell’uomo che lo cambiano drasticamente; tutto ciò viene testimoniato ottimamente dalla componente grottesca del film. Per quanto si possa valutare probabilmente come il meno considerevole tra i lavori dell’autore, questo resta uno dei più impegnati a livello sociale, non si può difatti negare che nella confusione degli eventi, il loro susseguirsi evidenzi diverse contraddizioni della classe borghese.

La voce solitaria dell’uomo (1987) – /

golos6

Si parla di perdita, si parla di morte. Ma questa perdita e questa morte, frutto del disagio di appartenere ad un qualcosa, la vita, di indescrivibile, di oppressivo e incalzante, non sono derivate concrete semplicisticamente accennate, quanto simbolismi raffinatamente realizzati grazie anche ad una fotografia che dal grezzo, quasi triviale approccio con lo spettatore, ricava la sua principale fonte di vanto. Dalla purezza della materia, dal primitivo rapporto tra uomo e natura, spazio incolto divenuto tempio di profonda crisi interiore (come si intuisce appieno nei primi istanti dell’opera) si giunge all’individuo vero e proprio, irrealizzato ed anzi proiettato in un presente-passato socialmente e personalmente disgiunto, fratturato, sepolto ed estraneo. Non si tratta più del personaggio Nikita bensì dell’involucro che lo possiede, che lo racchiude e lo limita, dal traumatico ritorno dal fronte al repentino confronto con la moglie. Sokurov costruisce quadri, dipinge la sua idea di realtà comprimendola in pochi istanti, in fragili attimi definiti ed autoreferenziali. Il doloroso rifuggire dal presente rivolgendosi ad un Dio invisibile, il territorio d’oggi come sentiero verso il domani: l’oblio, dunque l’eterno, ancora una volta verso la morte.

Elegia moscovita (1987) – /

003

Tra estratti da film e documentari (‘Lo Specchio’, ‘Nostalghia’, ‘Tempo di Viaggio’), momenti di riprese dal set di ‘Sacrificio’, frammenti di vita ed altro ancora, un ritratto del cineasta russo Andrej Tarkovskij lucido e fraterno. Sokurov, discepolo d’arte dell’appena citato autore, lascia qui una prova tangibile del rispetto, dell’ammirazione e della stima da sempre nutrita nei suoi confronti. Il tutto, però, più che risultare un quadro a trecentosessanta gradi sulla figura di AT (seppur più volte siano presenti rimandi a dettagli dell’infanzia e della maturità del protagonista), punta a dipingerlo come un vate della settima arte, un maestro indiscusso. Il suo modo di porsi coi membri della troupe, la sua concezione di Cinema, l’interpretazione che le sue opere danno di un determinato percorso e personale e filosofico, insomma: Tarkovskij l’uomo, sì, ma anche la leggenda.

Impero (1987) – /

sokurov5sp2

Tratto dal ‘Sorry, Wrong Number’ dell’americana Lucille Fletcher, ‘Impero’ è un modesto esercizio di stile realizzato come progetto di laurea di uno studente della VGIK. La storia è quella di una donna che, relegata a letto col telefono come unico mezzo per comunicare con l’esterno, capita per caso in una conversazione delittuosa tra criminali che le si ritorcerà contro. Alla struttura originale della pièce, Sokurov appone delle considerevoli variazioni. I dialoghi, punto centrale dell’opera, vengono del tutto aboliti in favore di un accordo tra sonoro e visivo che sfocia a tratti in vera e propria tensione, a tratti al contrario in ironia; l’approccio stilistico, al contrario, invece che virare sulla suspance, sul giallo quindi, prova a mantenere gli standard contemplativi tipici dell’autore riuscendoci solo in parte. Nulla di rimarchevole, esperimento interessante che funge da rimpiazzo alle opere che in quel periodo AS non aveva il permesso di realizzare.

And Nothing More (1987) – /

vlcsnap-2017-03-11-17h34m54s233

Uno dei rari documentari “puri”, riscontrabili nell’opera sokuroviana, dove emerge l’origine stilistica dell’autore. Si ripercorrono gli eventi più importanti che hanno segnato la seconda guerra mondiale con video storici e la ormai consolidata voce fuori campo che guida in tale percorso. Ci si appoggia ad una struttura convenzionale, lo scheletro formale che va a comporre l’opera stessa si rivela piuttosto disadorna, troppo piatta e priva di anima apparendo didascalica al pari di qualsiasi documentario divulgativo. In tutto ciò, le colpe attribuibili all’autore sono praticamente inesistenti, il documentario fu commissionato da una televisione sovietica che tuttavia non ne accettò i toni velatamente critici, proibendone la proiezione in pubblico.

I giorni dell’eclisse (1988) – /

fu7w2g

Ritmo sciolto fin quasi all’illogicità più pura, volti segnati dall’oblio, sguardi persi in una vasta landa desolata dove le poche dimore paiono da tempo abbandonate da Dio. In un caldo devastante, che ben si rispecchia nel seppia utilizzato e convulsamente alternato al colore, un giovane medico tenta vanamente di perseguire la propria strada, i propri studi, non sapendo che fantasmi del suo passato e ben più astrusi accadimenti gli impediranno tale proposito. Frutto della mente dei medesimi autori di ‘Stalker’, l’opera si muove su di un piano del tutto onirico, meditabondo, tentenna sul tirare le fila di un discorso che sembra non voler giungere a conclusioni. Affascinante, contorto, il film di Sokurov sembra voler distorcere ogni corretta ricezione della vicenda grazie ad espedienti tecnici (sonoro spesso fuori tempo) quantomeno peculiari.
.

Maria, elegia contadina (1988) – /

jnkctk

Il ritratto in due parti di Maria Semionovna, esperta agreste russa, assume qui, oltre ad un’evidente frammentazione temporale, una netta scissione visiva e tematica. I toni infatti, da una prima parte scandita da colori accesi e attività – abitudinarie e ludiche – tipiche della vita rurale, diventano in seguito freddi, sordi e malinconici nel riprendere nove anni dopo le fila di una famiglia (quella di Maria) privata ora di ogni astuzia agricola, mutata e apparentemente intristitasi dopo la morte della protagonista. Un bianco e nero gelido come le distese nevose riprese sul finale si sofferma allora sulle tombe di Maria e del figlio prematuramente scomparso; ricompaiono le linee guida della poetica elegiaca sokuroviana, il rimpianto per il passato, il quieto, intenso dilatarsi di un attimo.

Salva e custodisci (1989) – /

5

Un altro incontro con la letteratura, questa volta con un vero e proprio cardine. Trasposizione estremamente libera che, come in tutti gli adattamenti cinematografici dell’autore, cerca di rimanere fedele agli episodi originali modificando la prospettiva principale. La Madame Bovary è un’anima in tormento, la sua è un’autentica caduta negli inferi. Quella descritta da Sokurov, tuttavia, più che odiare il prossimo, viene lei stessa odiata, ricerca continuamente un sostegno sul quale appoggiarsi, non facendo altro che peggiorare la propria condizione; si presenta, dunque, quasi come una martire, una vittima delle proprie passioni e di quelle altrui. In tutto ciò le riprese, seguendo le sventure della protagonista, ne enfatizzano le sofferenze con primissimi piani che sovrastano l’insieme delle inquadrature, non mancano comunque i campi lunghi e lunghissimi come a suggerire un panteismo irriducibile. Più che una convinzione, un sentimento che ritorna.

Elegia sovietica (1989) – /

ki3hjr

‘Elegia sovietica’. I toni dell’autore russo divengono amari, severi, critici ma mai rudi. Conservando un’impronta caratteristicamente aggraziata ed eufonica, quest’opera fa della riminiscenza, del ricordo uno strumento di guerra, di contestazione. Lo sguardo si posa delicato, attento, su di un antico cimitero abbandonato nel folto di una boscaglia per poi indugiare di fronte alla figura di Boris Eltsin, politico russo divenuto presidente pochi anni dopo l’uscita dell’opera in questione. Di qui osserviamo scorrere in rapida successione i volti dei membri del Comitato Centrale russo a partire dalle origini del Paese, per poi tornare su un Eltsin abbandonato a sé nella penombra del suo studio privato. Un’opera che conserva parte del candore e dell’incisività del meglio del cineasta sovietico racchiudendolo in poche, semplici immagini, mostrando con superba efficacia il divenire di una nazione ma anche e soprattutto l’aridità di un tempo, il lento consegnarsi della stessa e di chi la ha determinata nelle mani del tempo, avido e imperscrutabile. La caducità del presente, l’immortalità dell’immagine, della forma, dell’uomo.

Elegia di San Pietroburgo (1990) – /

vlcsnap-2017-02-06-14h51m51s827

Pensato come un immaginario dittico sulla vita del celebre cantante lirico Fëdor Ivanovič Šaljapin e più in generale sulla massificazione dell’attuale popolazione di San Pietroburgo, quest’elegia si distacca notevolmente per toni, stile ed approccio dalle altre ideate dall’autore russo (eccezion fatta per la primissima ‘Elegia’). Sul resto infatti spiccano riprese statiche, di una folla in dinamico viavai e di un anziano catturato in un momento di incertezza, fors’anche preoccupazione. Il tutto pare però quasi scollegato, fin troppo incoerente; manca una coesione tra parti, un’incisività ed uno splendore stilistico che non si era abituati a negare nelle opere di AS.

Retrospettiva di Leningrado (1990) – /

vlcsnap-2017-03-12-20h50m10s596

Sempre su San Pietroburgo (precedentemente denominata Leningrado) l’autore, ancora pressato dai vincoli espressivi imposti dalle autorità censoriali, struttura un documentario con lo scopo di raffigurare gli episodi più importanti avvenuti tra il 1957 e il 1990. Divisa in 17 episodi, l’opera punta a suggerire un quadro analitico della politica sovietica vissuta in prima persona dal cineasta, dunque sua contemporanea. Tra rivolte popolari, convegni sindacali ed esibizioni folkloristiche, ‘Retrospettiva di Leningrado’ non comunica altro se non un’assenza d’inventiva e tedia nelle sue continue focalizzazioni politiche che nel complesso non esprimono alcun punto di vista. Una rassegna di episodi poco più che fine a se stessa.

Elegia semplice (1990) – /

elegy2gs3

Un’immersione nell’atmosfera che permea gli uffici del presidente della Lituania. Il suono di un pianoforte che esegue il Notturno colma il vuoto della stanza, inganna la solitudine. Là fuori un gruppo di persone attendono ma il presidente rimane chiuso nel proprio abitacolo a compilare carte. Come nel precedente ‘Elegia sovietica’, una figura centrale decisamente importante si vuole far apparire come una persona qualsiasi, viene glorificata e ricopre l’assenza di un vero soggetto che definisca la struttura narrativa. Landsbergis – primo capo di stato lituano – appena eletto conseguentemente alla dichiarazione d’indipendenza del Paese, viene mostrato come una figura estremamente mite e pacata. L’esaltazione del gesto nella sua forma più lirica contraddistingue la circostanza.

The second circle (1990) – /

93012602cl3

C’è uno spiritualismo proprio di quasi tutti i lavori dell’autore, qui, più che mai. L’amarezza, lo spasimo per la perdita del padre, l’indifferenza degli estranei, i rimproveri dei cari. Su tutto cala un gelo raccolto, tacito, quasi una rassegnazione rievocante il cinema di Tarr, come se il profondo affetto nutrito per il genitore scomparso non fosse altro che vana illusione in un mondo profondamente incline ai giudizi schopenaueriani (parafrasando il pensiero del filosofo, la vita come “un continuo morire trattenendosi alla morte stessa, quella alla quale siamo destinati”). ‘The second circle’ riassume probabilmente, assieme a ‘Madre e figlio’, l’interezza del pensiero sokuroviano, l’idea di un presente di agonia, dove primissimi piani e sconfinati paesaggi graffianti nel loro mesto, sconfortante preludio, conferiscono all’immagine quanto basta per convertire in sensazione l’immenso vuoto che ci circonda, il ghiaccio sul sentiero che introduce al film e il fuoco delle fiamme che lo concludono.

An Example of Intonation (1991) – ★★/

vlcsnap-2017-03-18-09h00m45s696

Secondo film che vede Eltsin protagonista, questa volta nelle vesti di presidente del Parlamento russo. Il Paese ha subito una scossa politica enorme, il popolo appare liberato del malcontento passato ma altresì impaurito da ciò che riserva il futuro. Nel suo rapporto quasi d’intimità con il presidente, Sokurov non vuole fare luce sugli aspetti reconditi dell’uomo, nemmeno discorrere di programmi politici, soluzioni e decreti. Preferisce chiedere della sua idea di popolo, discorrere del suo rapporto con la famiglia, la madre, riprendere Eltsin in situazioni del tutti ordinarie: una passeggiata, un pranzo in compagnia… È interessato all’atteggiamento di quest’uomo addossato della responsabilità di milioni di persone, caricato di un peso sociale incommensurabile, dunque ad immedesimarsi in quella condizione standone a fianco.

The stone (1992) – /

vlcsnap-2013-01-18-14h15m41s119_zpsfcfe95dd

Tra le gelide mura di una vecchia villa diroccata, ormai abbandonata, due figure, il giovane guardiano e un attempato, misterioso soggetto (dottore? letterato? apparizione?) divengono effigi di un dualismo tra passato e presente, antico e corrente. Non ci è dato sapere altro. Che si tratti dello spettro di Cechov e del custode del museo a lui dedicato? Forse. Sokurov cripta ogni corretta ricezione del quadro proposto precipitandoci in un sogno che è altresì, per certi versi, un incubo. Assieme all’immagine egli distorce e dilata l’attimo corrente, sospinge avanti i protagonisti in una ricerca che loro stessi sembrano chiedersi essere di qual giovamento, li vediamo infatti vagare per gli ampi saloni della dimora e perfino tra i grigi, impervi sentieri cittadini come anime in pena, dannati da un’esistenza apatica ma apaticamente vuota, infondata. E su tutto quel cinereo che offusca, quegli sguardi persi, quelle pose statuarie: un insieme di codici che sembra voler tornare alla propria valenza primitiva, ricercare nell’onirismo una chiave di volta, un’aggettivazione al profondo divario tra appunto classico e moderno.

Elegia dalla Russia… studi per un sogno (1992) – /

vlcsnap-00002

Conservando un’impronta fantastica, un anno dopo Sokurov dirige la sua elegia più anarchica, un’opera completamente fuori dagli schemi. Filmati d’archivio della seconda guerra mondiale e vecchie fotografie si pongono ad intermezzo senza voler creare un reale percorso logico/narrativo, si lascia che operino nella coscienza seppur disordinate, forti solamente di un valore storico innegabile ma altresì di un profondo senso di malinconia. Persi in una dimensione dove sogno e realtà si mischiano apparendo indistinguibili scorgiamo la vita sottrarsi lentamente all’uomo, uno spazio informe senza temporalità meraviglia per il suo carattere trascendentale, si palesa un’assenza di moto che suscita un’immensa pace d’animo. E il paesaggio rimane lì, immutabile. Si contempla la natura nella sua gloria, vaste pianure verdeggianti compaiono in modo discontinuo per quasi tutta la durata dell’elegia. Sono sempre presenti, anche quando inaccessibili allo sguardo.

Pagine sommesse (1994) – /

2

Un film immerso nell’enigma, nella totalità di un allusione narrativa, quasi un vuoto che trascina in un limbo oltre la dimensione del reale. In una città sepolcrale popolata da persone anonime, forse fantasmi, vi è un individuo che al contrario è molto specifico, il fantasma forse è lui. Si scopre di un omicidio: l’uomo decide di uccidere per soldi ma, una volta commesso l’atto, non ruba il denaro e si ritrova così in uno stato quasi catatonico. È il principio di una riflessione sul giudizio morale del gesto che è immediatamente riflessione sul divino. Il tormento incessante nel protagonista non lo libera dal peso di una pena alla quale in definitiva non si può sottrarre. Tale consapevolezza anziché aspirare alla salvezza spirituale, cede spazio alla coscienza di una perdizione che non può più essere negata. Il valore del peccato in rapporto alla sua concezione nell’etica religiosa fa luce sullo stato di colpevolezza connaturato nell’individuo, sulla contraddizione del credo, ma allo stesso tempo è sinonimo di un’esistenza fragile, fatua.

Voci spirituali (1995) – /

vlcsnap2011100913h54m17

Camera fissa. Una distesa innevata viene ripresa per tutta la prima parte del film (complessivamente 328 minuti). La voce di Sokurov entra con timidezza in scena e, sulle note di Mozart, comincia a  ripercorrere la vita del compositore: una vita di miseria, d’inquietudine, soffocata dall’ordinarietà, in questo senso paragonabile a quella di un soldato durante la guerra. Le parti restanti mostrano questo, appunto, le pene di un gruppo di soldati russi lungo la frontiera che divide Afghanistan e Tagikistan. Sokurov condivide l’esperienza di questi militari (per lo più giovani ragazzi) nell’arco di più di sei mesi. A conti fatti, non ne emerge una cronaca degli eventi. L’impronta formale da diario di bordo considera lo stato d’animo di quegli esseri privati della propria persona, nati e cresciuti per fare ciò che li svuota, li annichilisce. In tutta la sua durata il documentario assume le vesti di un’epopea in continua riflessione su ciò che comporta la guerra nei confronti dell’uomo, questa volta da un punto di vista prettamente esistenziale (e non psicologico, come era in ‘Dolorosa indifferenza’); le circostanze filmate con colori spenti e un sottofondo di musica classica, che si erige come una preghiera di conforto sui soldati, sebbene non rappresentino una novità possono ritenersi emblemi del periodo più emotivo dell’autore.

Elegia orientale (1996) – /

clipboard03-36

L’anno successivo, difatti, egli stesso darà il via al ciclo di opere girate in Giappone, più che un tributo alla cultura nipponica un modo per manifestare, esprimere sotto forma di opera d’arte il proprio bagaglio emotivo personale, ricordi e reminiscenze di un lontano passato. Immagini che, rievocate nel folto di una nebbia persistente e glaciale, affiorano suggestive e colme di spontanea commozione. E come l’autore appare sotto forma di ombra, spettro in una città di spettri, un tempo fulgido e vivace borgo sul mare, le voci calde e tremanti dei personaggi si alternano con quella dell’autore stesso, prende vita una dimensione fantastica che non manca di ammiccare ripetutamente a forme e statuti tipicamente tarkovskiani, ma soprattutto il luogo stesso diviene cattedrale di tacita adorazione e raccoglimento. Ninfee, distese verdeggianti, lussuosi palazzi imperiali: il colore perde di vivacità, si opacizza senza per questo mancare di intensità.

Una vita umile (1997) – /

vlcsnap00026uh1

Umeno Mathuyoshi, vedova da 10 anni, ripresa nella routine di una sua giornata. Conservando per gran parte l’impostazione dell’opera precedente, Sokurov segue la vita della protagonista con una discrezione assoluta, quasi volesse consacrare la relegazione della donna. Una relegazione che, prima di tutto, è spirituale. La realtà vissuta appare totalmente immateriale, come se le necessità dello spirito avessero sopraffatto quelle del corpo. Così il gesto quotidiano diviene nient’altro che un rito religioso, ripetuto con estrema meticolosità e pertanto stabilente in maniera implicita lo scorrere del tempo. Vige un’evidente volontà di sublimare queste azioni, investirle di una carica salvifica che conferisce al contesto un clima celestiale.

VAI ALLA SECONDA PARTE

Questa voce è stata pubblicata in Uncategorized e contrassegnata con . Contrassegna il permalink.

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...