Metropolis

Metropolis (1927) – Fritz Lang / Germania

La storia prende vita in uno scenario del tutto allegorico e fortemente critico, in una città chiamata Metropolis, divisa in due settori in base all’estrazione sociale. Su terra vive il ceto ricco e nobile, nel sottosuolo invece, confinati e trattati come schiavi, risiedono gli operai ed il volgo meno abbiente, interamente dedito al funzionamento della macchina industriale che manda avanti l’intera città. Qui il nostro protagonista Freder, figlio del magnate a capo dell’intero complesso, Frederer,  incontra la bella Maria, dedita all’istruzione dei bambini figli di proletari, e se ne invaghisce. Nel frattempo il folle scienziato Rotwang, acerrimo nemico di Frederer, inventa un robot con lo scopo di istigare il popolo alla ribellione, e rapisce così Maria dando alla sua invenzione le sembianze della donna. Il robot scatena la rivolta e i due innamorati si ritrovano nel bel mezzo della ribellione. Nel finale tutto si risolverà per il meglio e la città riuscirà ad abolire le differenze di classe facendo troneggiare la democrazia.

Più ancora dell’immensa resa tecnica e stilistica, ciò che rende ancora più pregevole quest’opera è il valore storico che essa assume, la sua analisi della società e la sua spietata e feroce critica al capitalismo, nonostante tale interpretazione sia talora messa in dubbio in base a vari fattori(la sceneggiatura difatti venne scritta dalla moglie del regista, futura nazista). Indubbiamente i pregi da attribuire alla pellicola sono talmente innumerevoli da renderne l’analisi davvero ardua. Lang riesce con una maestria fuori dal normale a ricreare un mondo stilizzato e grandemente rappresentativo del messaggio critico che vuole manifestare, e riesce a farlo con una messa in scena basilare eppur quantomai efficace. L’intero apparato tecnico collabora assiduamente alla pellicola, lavorando in parallelo con la sceneggiatura e riuscendo ad attribuire un valore contenutistico e critico ad ogni sequenza; sdoppiando l’opera in due, attribuendo perciò ad essa una duplice interpretazione ed avvalorando tutto ciò con uno stile surreale e minuziosissimo, dove ciò che si vede risulta costantemente un rimando sociale, politico e religioso.

La trama si sviluppa su vari versanti ma riesce, in tutta la sua complicata essenza, a mantenere un filo logico fondamentale fino a ricollegarsi completamente in un’unica visione d’insieme. Al di là delle varie vicende alle quali assistiamo, ciò che Lang sottolinea continuamente non è tanto la storia d’amore tra il protagonista e Maria, e nemmeno l’insano progetto dello scienziato Rotwang, ma la messa in atto di una struttura sociale dove tutto ciò che si vede, nella sua semplice quanto essenziale messa in scena, risulta aspramente critico e al contempo lampante. Ciò che viene sottolineato più di ogni altra cosa è la resa volutamente esagerata di una classe operaia schiava di un sistema capitalista e noncurante, e a questo senso è splendidamente suggestiva una delle sequenze iniziali dove il macchinario industriale diventa agli occhi di Freder un gigantesco Moloch e gli operai degli schiavi incatenati e condannati a morte, ma d’altronde i richiami a tale visione sono continui e svariati. E trasformando la pellicola in un enorme complesso allegorico ogni fattore non può che diventare infine un ramo collaterale di tutto ciò. Ma ‘Metropolis’ è anche un film che comprende le necessità dell’uomo e che traspone l’intera vicenda in un contesto fantascientifico, avvalorandosi perciò di ulteriori possibilità di resa sceneggiativa, e qui entra in gioco l’espediente del robot. Esso rappresenta l’assurdo ed opportunistico sfruttamento di cui il potere si avvale per sedurre e traviare il volgo, e non a caso viene reso con le sembianze di un’affascinante donna, la seduzione per eccellenza. Ma è anche il simbolo di una crescita tecnica ed avanguardista mondiale che, lungi dall’usufruire coscientemente delle proprie possibilità intellettuali, sfrutta le proprie capacità solo per usi deleteri e distruttivi, in un contesto storico dove le guerre stavano devastando l’intero pianeta. Certo le conclusioni che Lang trae sono in fin dei conti apparentemente utopiche e mediatrici nei confronti della realtà, ma nonostante questo sicuramente la società che egli riesce a ricreare rimanda senza assoluzione ad una verità politica deludente e dispotica, ed il suo tono sarcastico è perfetto in quanto reso alla perfezione tramite il suo stile spregiudicato e palesemente contestatorio.

Parlando poi del lato tecnico numerosi sono i pregi, tanto più che le numerose tecniche impiegate dal regista vennero usate qui per la prima volta e contribuirono ad accrescerne la sua fama di innovatività tecnologica, tra le tante quella degli specchi inclinati, che permetteva di ricreare paesaggi fantastici a basso costo. Sicuramente quindi la brillante e sagace scenografia è fondamentale, e con uno scenario fantascientifico accuratissimo rende la città un’immenso e suggestivo viaggio allucinante tramite palazzi alti e avanguardisti, ferrovie lunghe e moderne, aerei che volano dappertutto ecc. La colonna sonora è fortemente funzionale alla vicenda e con i suoi toni drammatici accresce la tensione e il clima surreale. La recitazione poi è tipicamente espressionista, conferisce molto peso alle pose statuarie ed agli sguardi fissi e glaciali. Ma come già ribadito è essenziale anche il geniale alternarsi di sequenze-sogno, che con il loro collegarsi al reale e rimandare ad una realtà immaginaria accrescono la tonalità fantasiosa ed irreale del film, rendendolo un grande viaggio suggestivo, tanto simbolico quanto crudo e reale.

Voto: ★★★★/★★★★★

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